L’UOMO CHE REALIZZAVA I SOGNI

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L’uomo che realizzava i sogni viveva in una baita nel bosco.
Tutte le mattine, prima che l’aurora tingesse di rosa il cielo, usciva di casa, zaino in spalla, per recarsi al fiume. Ivi giunto, adagiava lo zaino sulla sponda, sedendosi sull’erba umida di brina; si levava scarpe e calzini, arrotolandosi i pantaloni alle ginocchia. Quindi traeva dallo zaino, una dopo l’altra, tante bottigliette colorate e le affiancava sulla riva come tanti soldati di un esercito multicolore schierato per salutare il passaggio dell’ufficiale. Stringendole tra le mani, ripetutamente entrava e usciva dall’acqua, per riempirle tutte. Quel rito quotidiano si esauriva poco prima che il sole sorgesse sulle montagne.
Rientrato in casa, le sistemava sulle mensole alle pareti: sulla quella a est, dov’era l’ingresso della casa, troneggiavano bottiglie di colore rosa e celeste per quanti sognavano l’amore o una sincera amicizia; su quella a sud, su cui si apriva l’unica finestra della baita, svettavano quelle rosse per quanti bramavano travolgenti passioni e epiche avventure; sulle mensole ad ovest, affiancate alla credenza sopra il cucinino, erano le bottiglie blu per tutti coloro che desideravano affermarsi professionalmente. Sulla parete nord, sovrapposta al camino sempre acceso cui erano accostati il letto e il comodino ingombro di libri e una lampada ad olio, c’era una mensola con tante bottiglie bianche ricoperte da uno spesso strato di polvere, imbrigliate in fitte ragnatele a testimonianza che mai erano state rimosse per soddisfare quanti desiderassero un mondo scevro da malvagità, dove gli uomini vivessero in pace rispettandosi gli uni con gli altri.

Finito di sistemare le bottiglie, l’uomo si sedeva al tavolo; accendeva la pipa; chiudeva gli occhi e, fumando, iniziava a pensare, il viso velato dall’acre vapore che si sprigionava dalla pipa, nell’attesa che qualcuno bussasse alla porta chiedendogli di aiutarlo a realizzare il suo sogno. Dopo averlo ascoltato, l’uomo avrebbe preso una bottiglietta il cui colore fosse in sintonia con il desiderio da realizzare, l’avrebbe stappata e, porgendogliela, gli avrebbe chiesto di bere l’acqua racchiusa.
Erano anni, non sappiamo esattamente quanti, forse un’eternità, che l’uomo s’era assunto quel delicato compito. Nel corso del tempo, un’infinità di persone s’erano avvicendate presso di sé per realizzare i propri desideri. e mai nessuno era andato via scontento!

Un giorno, mentre preparava la minestra con le verdure raccolte nel bosco, alla porta bussò un giovane viandante dai radi capelli scuri, lo sguardo triste.
L’uomo lo salutò cordialmente, invitandolo a mangiare con sé. Mentre assaporavano la minestra, gli domandò “Qual è il sogno che vuoi realizzare?”
“Desidererei che al mondo non esistessero persone come te, capaci di svelare alla gente come fare per realizzare i propri sogni!”
Ascoltandolo, l’uomo restò perplesso. Si sistemò sulla sedia. Pulendosi le labbra col tovagliolo chiese “Perché?”
“La realizzazione di un sogno ne sancisce anche la morte.”
“E allora?” incalzò dubbioso, portandosi alle labbra il bicchiere d’acqua. “ Sono tanti i sogni a disposizione d’ogni uomo che non basterebbero un milione di di esistenze per realizzarli tutti.”
“E’ vero” convenne lui, il volto rischiarato da un pallido sorriso. “Ma non pensi che in questo modo si prolunghi l’agonia degli uomini sulla terra? L’uomo deriva da Dio e a Dio deve tornare. Finché sarà schiavo del desiderio, concedendogli l’opportunità di appagare i propri sogni, rinvierà sempre l’inizio del cammino per ritornare alla casa del padre!”
I gomiti ritti sul tavolo, il mento poggiato sulle dita incrociate delle mani, fissandolo attentamente, l’uomo meditava su quelle parole.
Alla fine, rizzandosi sulla sedia, con convinzione, sorridendo rispose “Hai perfettamente ragione, aiutare gli uomini a realizzare i propri desideri li allontana da Dio. Da quest’istante chiuderò bottega e si arrangeranno da soli!”
“Ben detto” esultò lui. Afferrò il bicchiere e brindò al soffitto.
Dopo aver bevuto, il giovane si alzò e, con aria soddisfatta, disse “Bene, ora che anch’io ho realizzato il mio sogno, vado via.”
“Aspetta” disse l’uomo alzandosi dal tavolo. Si recò alla parete dove era la mensola con le bottiglie bianche e ne prese una. Vi soffiò sopra, diffondendo nell’aria una densa nube di polvere, strappando via la spessa ragnatela che l’avvolgeva. “Solo se berrai quest’acqua il tuo sogno si realizzerà” disse porgendogli la bottiglia.
Perplesso, il giovane bevve disgustato quell’acqua stagnante. Poi andò via.
L’uomo che realizzava i sogni lo accompagnò alla porta: chiuse l’uscio solo quando l’immagine di lui si dileguò nella boscaglia.

Il sole era tramontato. L’uomo sparecchiò il frugale desco, indossò il pigiama e si coricò aprendo un libro.

Al riparo della fitta boscaglia, il giovane si svestì.
“Finalmente” disse tra sé, sorridendo malizioso. Man mano che indossava gli abiti che aveva nascosto nel terreno, la sua voce assumeva un tono sempre più cavernoso. “Quell’uomo mi aveva proprio stufato. Con quella sua maledetta mania di realizzare i sogni degli altri, facendogli bere quella disgustosa acqua appantanata, stava causando la fine del mio regno.”
Con la labbra lanciò un fischio sibilante: tra i cespugli, comparve uno stallone nero più della notte.
Il diavolo lo cavalcò e si lanciò al galoppo nella selva. Una lugubre risata riecheggiò nel silenzio.

Prima di spegnere la luce e addormentarsi, l’uomo che realizzava i sogni, con le mani incrociate dietro la nuca, sorrise al soffitto.
“Povero Belzebù” pensò. “Credeva che non l’avessi riconosciuto. Bramoso di affermarsi, non ha pensato che l’unico modo perché gli uomini divengano facili prede del diavolo è proprio quello di offrire loro la possibilità di realizzare ogni loro desiderio. Impedendoglielo, sfiniti dai tormenti dell’anima perché ciò che desiderano non si realizza, imploreranno la grazia di Dio, rinnegando le passioni di cui sono schiavi, affidandosi alla sua misericordia. Che stupido il diavolo, non si è reso conto che chiedendomi di realizzare il suo desiderio ha realizzato il mio: finalmente l’umanità ha intrapreso il cammino verso la pace!”
Così pensando, Dio sbadigliò, spense la luce, e, dopo tanto tempo, non sappiamo quanto, finalmente si riposò!

Fine

About Post Author

vincenzo giarritiello

Nato a Napoli nel 1964, Vincenzo Giarritiello fin da ragazzo coltiva la passione per la scrittura. Nel 1997 pubblica L’ULTIMA NOTTE E ALTRI RACCONTI con Tommaso Marotta Editore; nel 2000 LA SCELTA con le Edizioni Tracce di Pescara. Nel 1999 la rivista letteraria L’IMMAGINAZIONE pubblica il suo racconto BARTLEBY LO SCRIVANO… EPILOGO, rivisitazione del famoso racconto di H. Melville. Dal 2002 al 2009 ha coordinato laboratori di scrittura creativa per ragazzi tra cui uno presso la sezione femminile dell’IPM di Nisida, esperienza che racconta nel libro LE MIE RAGAZZE – RAGAZZE ROM SCRIVONO edito nel 2019. Tra il 2017 e il 2020 ha ristampato L’ULTIMA NOTTE e pubblicato SIGNATURE RERUM (il sussurro della sibilla), RAGGIOLO, UNO SCORCIO DI PRADISO IN TERRA e la raccolta di racconto L’UOMO CHE REALIZZAVA I SOGNI. Nel 2020 ha pubblicato con le edizioni Helicon il romanzo IL RAGAZZO CHE DANZÒCON IL MARE. Nel 2021, sempre con le Edizioni Helicon, ha pubblicato il romanzo UN UOMO BUONO (mio padre malato di Alzheimer). Ha collaborato e collabora con diverse associazioni culturali (Magaris; Lux in fabula), con riviste cartacee e digitali tra cui IL BOLLETTINO FLEGREO, NAPOLI PIÙ, MEMO, GIORNALE WOLF, COMUNICARE SENZA FRONTIERE, QUICAMPIFLEGREI.IT. Nel 2005 ha aperto il blog LA VOCE DI KAYFA e nel 2017 LA VOCE DI KAYFA 2.0. Dal 2019 ha attivato il sito www.vincenzogiarritiello.it. Per la sua attività di scrittore e poeta in vernacolo ha ricevuto riconoscimenti letterari.
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