SALVATORE GRECO E LA GROTTA DELLA DRAGONARA DI BACOLI

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Dopo aver letto l’intervista che feci molti anni fa a Carlo Santillo l’allora custode della pseudo grotta della Sibilla sul lago d’averno, la scrittrice Annamaria Varriale mi chiese se conoscessi la Grotta della Dragonara a Bacoli e fossi interessato a intervistare Salvatore Greco il custode. Questa è l’intervista effettuata a Salvatore mentre ci accompagnava nella grotta

Da sinistra l’autore, la scrittrice Annamaria Varriale e Salvatore Greco

Salvatore da quanti anni si preoccupa della grotta?

Da circa una ventina d’anni. Ma la frequento da quando ero ragazzino: durante la seconda Guerra Mondiale, fu utilizzata come rifugio. Vi entravano circa duecento persone. Per quasi un mese vi entrammo e uscimmo per ripararci dai bombardamenti. Per renderla vivibile i nostri genitori dovettero coprire le vasche d’acqua sorgiva con palate di terra.  

A che epoca risale?

Tra il primo e il secondo secolo dopo Cristo. La grotta originariamente era una cisterna d’acqua al servizio della flotta romana di stanza a Miseno. Diversamente dalla Piscina Mirabile in cui l’acqua veniva riversata per far fronte alle esigenze militari, questa è una sorgente naturale dove veniva raccolta anche l’acqua piovana.

Come ha iniziato questa attività?

Per lavoro e per passione mi trovai a partecipare agli scavi per liberarla dal terreno che la ricopriva. La prima volta fu negli anni settanta, quindi nel 2006 con l’arrivo dei soldi della comunità europea. In questo secondo caso lavorammo di buona lena, impiegando oltre due anni e mezzo per liberarla dal terreno che vi era stato accatastato o gettato dalle aperture ancora visibili sulla volta. Ogni giorno uscivano dalla grotta trentacinque camion carichi di terreno. Ora potete ammirare le vasche colme d’acqua, ma all’epoca era tutto ricoperto da terra e sabbia. E poi, scavando, abbiamo trovato tanti reperti appartenenti alla Villa di Lucullo costruita sul terreno sovrastante. Chi li aveva scaricati, non aveva capito di cosa si trattasse e del valore che avessero quei resti.

Una delle vasche che compongono la grotta della Dragonara

Come l’è venuta l’idea di inventarsi custode della grotta?

Mio padre faceva il muratore e io fin da ragazzino ho lavorato al suo fianco. In questo modo ho avuto la possibilità di venire a contatto con tante antichità di epoca romana al cui fascino non sapevo resistere. Laddove, scavando, venivano fuori resti antichi, mi precipitavo ad ammirarli. Addirittura una volta mi capitò di trovare delle lucerne, una romana e una greca. Quando poi gli archeologi iniziarono a venire in questi luoghi per scavare e recuperare i tesori sepolti, non solo partecipavo agli scavi, ma prestavo attenzione a quanto dicevano, memorizzandolo per poi ripeterlo a mia volta ad amici e parenti. L’ingresso originale della grotta era situato più in alto rispetto a dove noi ora ci troviamo. Vi si accedeva scendendo da una rampa di scale di cui oggi restano poche tracce sulla parete. All’epoca della guerra da lì entravamo. Se guardate in alto in direzione di quell’apertura potete vedere alcuni degli scalini originari.

Sulla parete a sinistra la scala che conduce all’accesso originale della grotta

L’acqua che riempie le vasche è potabile?

Sì, è acqua potabile di cui ci siamo serviti per bere e cucinare fino agli anni ottanta. Poi iniziammo a notare che dall’acqua si levava un cattivo odore e capimmo che c’era qualcosa che non andava. Per prudenza non la bevemmo più. In seguito abbiamo saputo che alcuni dei signori che in passato avevano costruito al di sopra della grotta vi avevano incanalato abusivamente le fogne. All’epoca della guerra, dopo aver interrato le vasche, i nostri genitori costruirono una pozza artificiale in cui convogliarono l’acqua per poterla utilizzare quando ci rifugiavamo, gettandovi dentro delle anguille perché ne garantissero la purezza dato che quest’animale ha la capacità di filtrare l’acqua. Anch’io ne gettai diverse quando scavammo per liberare la grotta dal terreno. Oggi nelle vasche ve ne è una piccola colonia.

La vasca per convogliare l’acqua costruita all’epoca della seconda Guerra Mondiale

Perché la grotta è chiamata della dragonara?

Per il rumore che faceva l’acqua precipitando all’interno dalla villa di Luccullo e quello che si levava mentre scorreva nel sottosuolo al quale i greci davano l’appellativo di Drakon, dragone. Altrettanto i romani, nell’udirlo, si chiedevano se all’interno non vi fosse un drago. Così decisero di chiamarla traconaria, da cui l’attuale dragonara.

A che epoca risale quella scritta? (fisso lo sguardo su una delle pareti delle vasche dove appare una scritta in rosso).

Risale al 1600, quando la grotta fu riaperta per la prima volta: indica il nome di chi vi entrò per primo, un francese, Ienkerbarger. Almeno così rispose l’archeologo al quale chiesi spiegazioni. Ma poiché quel nome ha un suono tipicamente tedesco, sapendo quanto odiassi i tedeschi, ho sempre pensato che mi avesse mentito. Il colore è ricavato da sostanze vegetali che ne hanno garantito la nitidezza e la durata nel tempo. Dietro a un altro pilastro vi è invece la firma di Aniello Falcone, il famoso pittore napoletano.

La grotta è collegata con la Piscina Mirabile?

No! La grotta è una cisterna naturale mentre la piscina è un serbatoio in cui l’acqua veniva inglobata artificialmente. Sembrerà strano, ma come dimensioni la grotta è due volte più grande della piscina, solo che a prima vista non sembra perché i suoi pilastri sono enormi rispetto a quelli della piscina che furono scavati dando vita a delle vere e proprie navate di una chiesa. Inoltre la piscina sembra più grande perché si innalza di più in confronto alla grotta. Tuttavia, pur essendo più grande della piscina, la grotta raccoglie giusto la metà dell’acqua: seimila metri cubi d’acqua rispetto agli oltre dodicimila/300 metri cubi della piscina. 

Salvatore sono circa vent’anni che si occupa della grotta, si è mai posto il problema un domani chi potrebbe sostituirla?

Purtroppo al momento non sono riuscito a individuare nessuno. Ho due figlie, una fa la restauratrice e l’altra l’insegnante. Non credo saranno loro a occuparsene.

Quali sono le sue speranze per la grotta?

Mi piacerebbe che quando contatto la sovrintendenza, l’unica vera responsabile della grotta, per segnalare problemi o criticità, si attivasse tempestivamente per installare almeno qualche punto luce in più visto che, essendo in penombra, la grotta perde molto del proprio fascino e bellezza ed è facile preda di malintenzionati: all’interno vi era una meravigliosa conformazione di stalattiti che qualche delinquente ha staccato per portarsela via come souvenir… Qui in visita vengono tanti turisti, per lo più stranieri, che restano incantati dalla grotta. Perché chi deve garantirne la tutela sembra infischiarsene?

Già, perché?…

Una delle tante conformazioni di stalattiti che arricchiscono la grotta della Dragonara

About Post Author

vincenzo giarritiello

Nato a Napoli nel 1964, Vincenzo Giarritiello fin da ragazzo coltiva la passione per la scrittura. Nel 1997 pubblica L’ULTIMA NOTTE E ALTRI RACCONTI con Tommaso Marotta Editore; nel 2000 LA SCELTA con le Edizioni Tracce di Pescara. Nel 1999 la rivista letteraria L’IMMAGINAZIONE pubblica il suo racconto BARTLEBY LO SCRIVANO… EPILOGO, rivisitazione del famoso racconto di H. Melville. Dal 2002 al 2009 ha coordinato laboratori di scrittura creativa per ragazzi tra cui uno presso la sezione femminile dell’IPM di Nisida, esperienza che racconta nel libro LE MIE RAGAZZE – RAGAZZE ROM SCRIVONO edito nel 2019. Tra il 2017 e il 2020 ha ristampato L’ULTIMA NOTTE e pubblicato SIGNATURE RERUM (il sussurro della sibilla), RAGGIOLO, UNO SCORCIO DI PRADISO IN TERRA e la raccolta di racconto L’UOMO CHE REALIZZAVA I SOGNI. Nel 2020 ha pubblicato con le edizioni Helicon il romanzo IL RAGAZZO CHE DANZÒCON IL MARE. Nel 2021, sempre con le Edizioni Helicon, ha pubblicato il romanzo UN UOMO BUONO (mio padre malato di Alzheimer). Ha collaborato e collabora con diverse associazioni culturali (Magaris; Lux in fabula), con riviste cartacee e digitali tra cui IL BOLLETTINO FLEGREO, NAPOLI PIÙ, MEMO, GIORNALE WOLF, COMUNICARE SENZA FRONTIERE, QUICAMPIFLEGREI.IT. Nel 2005 ha aperto il blog LA VOCE DI KAYFA e nel 2017 LA VOCE DI KAYFA 2.0. Dal 2019 ha attivato il sito www.vincenzogiarritiello.it. Per la sua attività di scrittore e poeta in vernacolo ha ricevuto riconoscimenti letterari.
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