ANTOGRAFIA 2014-2019: LE FOTO DI ENZO ZANNINI

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Sabato 18 gennaio a Pozzuoli negli spazi di ArtGarage s’è inaugurata la mostra fotografica di Vincenzo Zannini ANTOGRAFIA 2014-2019. La mostra sarà visitabile gratuitamente fino a venerdì 31 gennaio, tutti i giorni esclusa la domenica: dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 22; sabato dalle 10 alle 13 e dalla 16 alle 20.

Per l’occasione abbiamo posto alcune domande all’artista   

Enzo osservando le foto esposte colpisce il forte contrasto di chiaro scuro che gli attribuisce una nota gotica, e la sovrapposizione tra antico e moderno: come nasce la scelta per tale commistione?

Nasce da un mio pensiero inerente la decadenza della società attuale. Per quanto mi riguarda identifico la decadenza del passato nelle rovine archeologiche; quella della società attuale nella modernità che non è affatto sinonimo di evoluzione ma sempre più spesso racchiude la decadenza dei valori morali. Da qui l’idea di unificare antico e moderno per intendere che, malgrado lo scorrere del tempo, nulla è cambiato. La potremmo definire una visione pessimistica!

Da dove trae origine questa tua visione?

Da fotografo ho la tendenza a guardarmi costantemente intorno e mi rendo conto che la società si sta incattivendo sempre più. Non a caso nelle foto esposte non compare alcun soggetto umano se non una figura tratta di spalle che guarda con indifferenza a quel che accade sotto di sé. Così facendo è come se avessi voluto castigare l’individuo per la propria impassibilità nei confronti del degrado sociale di cui è l’indiscusso artefice.

Questa visione è rapportata a Napoli o alla società in generale?

Sicuramente a Napoli, essendo la mia città! Ma è estendibile a livello mondiale, visto i tanti disastri sociali in atto sul pianeta.

Sei fotografo professionista o per passione?

Per passione, anche se ho fatto studi di ottica e ho gestito un laboratorio di ottica per cui, seppure in maniera trasversale, a livello professionale ho avuto una sorta di rapporto con la fotografia. È una passione che nasce alla fine degli anni ottanta: iniziai a fotografare con le macchine analogiche e, lentamente, mi resi conto che la vicenda assumeva carattere intimista. Sentivo il bisogno di esprimere attraverso la fotografia ciò che avevo dentro.

Le foto qui esposte sono tutte in bianco e nero, è una tua caratteristica o fotografi anche a colori?

Non aborro il colore a prescindere ma, per come intendo la fotografia, il bianco e nero appaga le mie esigenze artistiche. Non a caso il mio punto di riferimento è Mimmo Iodice un maestro indiscusso della fotografia, in particolare quella in bianco e nero. La foto non rappresenta la realtà ma la mia realtà: la vita è dinamica, la foto è statica; la vita è tridimensionale, la foto bidimensionale, la vita è a colori e io la ritraggo in bianco e nero!

Perché tendi a marcare in maniera eccessiva il chiaro/scuro?

Non amando le vie di mezzo, inconsciamente tendo a dare risalto ai grigi, a esaltare il contrasto tra il bianco e il nero. Qualcuno mi ha anche biasimato per questa mia tendenza. Per quanto mi riguarda ho ribattezzato questa mia predilezione cromatica low key, a chiave bassa.

È una tecnica che nell’osservatore suscita una certa inquietudine…

È quello che voglio, non a caso anche le cornici le ho volute assolutamente nere.

Questa è la tua seconda personale, la prima dove s’è tenuta?

Si svolse in maniera anomala, se così posso dire: esposi per due settimane nella vetrina del colorificio Ramaglia che possiede una piccola galleria che affaccia sulla strada nei pressi del Liceo Artistico. Stiamo parlando del 2014 quando i miei soggetti erano quasi tutti ritratti, dunque la presenza umana era più viva che mai.

Progetti per il futuro?

Si possono dedurre dalle prime tre foto esposte sulla parete a sinistra: sono alla ricerca di automobili rivestite dove la copertura rappresenta una sorta di sudario per simboleggiare l’oppressione che le macchine impongono all’uomo. Ripeto, considero che il progresso non sia sempre positivo! In riferimento a un progetto specifico, mi piacerebbe fotografare l’interno dell’albergo dei poveri per denunciarne il degrado in cui versa. Purtroppo ciò al momento è impossibile in quanto nella struttura s’è aperta una palestra abusiva e dovrei chiedere le chiavi al proprietario. Una cosa del genere è possibile solo a Napoli!  

About Post Author

vincenzo giarritiello

Nato a Napoli nel 1964, Vincenzo Giarritiello fin da ragazzo coltiva la passione per la scrittura. Nel 1997 pubblica L’ULTIMA NOTTE E ALTRI RACCONTI con Tommaso Marotta Editore; nel 2000 LA SCELTA con le Edizioni Tracce di Pescara. Nel 1999 la rivista letteraria L’IMMAGINAZIONE pubblica il suo racconto BARTLEBY LO SCRIVANO… EPILOGO, rivisitazione del famoso racconto di H. Melville. Dal 2002 al 2009 ha coordinato laboratori di scrittura creativa per ragazzi tra cui uno presso la sezione femminile dell’IPM di Nisida, esperienza che racconta nel libro LE MIE RAGAZZE – RAGAZZE ROM SCRIVONO edito nel 2019. Tra il 2017 e il 2020 ha ristampato L’ULTIMA NOTTE e pubblicato SIGNATURE RERUM (il sussurro della sibilla), RAGGIOLO, UNO SCORCIO DI PRADISO IN TERRA e la raccolta di racconto L’UOMO CHE REALIZZAVA I SOGNI. Nel 2020 ha pubblicato con le edizioni Helicon il romanzo IL RAGAZZO CHE DANZÒCON IL MARE. Nel 2021, sempre con le Edizioni Helicon, ha pubblicato il romanzo UN UOMO BUONO (mio padre malato di Alzheimer). Ha collaborato e collabora con diverse associazioni culturali (Magaris; Lux in fabula), con riviste cartacee e digitali tra cui IL BOLLETTINO FLEGREO, NAPOLI PIÙ, MEMO, GIORNALE WOLF, COMUNICARE SENZA FRONTIERE, QUICAMPIFLEGREI.IT. Nel 2005 ha aperto il blog LA VOCE DI KAYFA e nel 2017 LA VOCE DI KAYFA 2.0. Dal 2019 ha attivato il sito www.vincenzogiarritiello.it. Per la sua attività di scrittore e poeta in vernacolo ha ricevuto riconoscimenti letterari.
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