I SOCIAL ALL’EPOCA DEL CORONAVIRUS

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Da quando nel nostro paese è scoppiata l’emergenza coronavirus, più di una persona a conoscenza della mia passione per la scrittura e che ho un blog su cui mi piace esprimere considerazioni di vario genere condividendole in rete attraverso i social, mi ha chiesto quando scrivessi un post sull’emergenza sanitaria in corso. A costoro ho sempre risposto, in alcuni casi in maniera piccata rischiando di apparire offensivo, e se lo fossi stato davvero gli chiedo scusa,  che non avevo nulla da dire; che si trattava di un argomento maledettamente serio sul quale era meglio sorvolare, lasciando che parlasse solo chi abbia le adeguate competenze per evitare di intasare ulteriormente la rete di insulsaggini e farneticazioni fantapolitiche e complottistiche aumentando il caos, il disorientamento e la paura tra la gente.

Speravo che la mia risposta, la quale fa eco a quella data da Jurgen Klopp l’allenatore del Liverpool a un giornalista – in conferenza stampa gli ha chiesto un parere sul coronavirus, ha risposto che il suo parere non conta nulla, che lui si interessa di calcio – spingesse queste persone ad adottare il buon senso, mai abbastanza in situazioni del genere, serbando per sé le proprie opinioni al fine di evitare di gettare ulteriore benzina sul fuoco.

Purtroppo mi tocca constatare con dispiacere che alcune di loro anziché tacere, lasciando parlare il governo, le istituzioni locali e gli organismi sanitari nazionali e internazionali, approfittano dell’emergenza per dare spazio alle ipotesi più astruse sull’origine dell’epidemia senza alcun tipo di fondamento, traendo spunto unicamente dalle proprie simpatie politiche e fantasie.

È vero, la Costituzione sancisce la libertà di parola e di pensiero per tutti, ma è altresì vero che in un momento particolarmente delicato come quello che stiamo vivendo, dove occorrerebbe che tutti ci dotassimo di buon senso e spirito di responsabilità, attenendoci scrupolosamente ai protocolli preventivi varati dal governo su indicazioni della comunità scientifica, dare libero sfogo alle proprie idee spacciandole per verità assolute, addebitando a questo o a quel politico la causa, a nostro dire, della pessima gestione dell’emergenza solo perché ci sta sulle scatole o perché non appartiene alla nostra squadra, lo trovo quanto deprimente e imbarazzante.

In un momento in cui perfino gli esperti, non solo quelli italiani, ammettono di avere le idee poco chiare su quanto sta avvenendo, spesso contraddicendosi e attaccandosi l’uno con l’altro sui giornali, in rete e in televisione, ponendo in tal modo incertezza anziché sicurezza nei cittadini, profondere in rete supposizioni infondate – per quanto è vero che spesso la realtà supera la fantasia – lo trovo criminale. Soprattutto se chi diffonde tale idee ricopre ruoli sociali non secondari.

In un momento come questo in cui noi adulti dovremmo dare il buon esempio ai giovani i quali mostrano di fregarsene delle restrizioni imposte dalle autorità per arginare il virus come se il problema non li riguardasse, metterci a fare le cassandre o a diffondere trame da scrittori di spionaggio non aiuta certo a infondere la speranza e a dare il buon esempio.

Per quanto è possibile cerchiamo di non farci cogliere dalla fregola di voler a ogni costo dire la nostra. O, se proprio vogliamo farlo, com’è per altro legittimo, cerchiamo almeno di attenerci ai fatti analizzandoli con spirito critico scevro da condizionamenti politici, oppure divertendoci a condividere le varie foto e articoli satirici sul coronavirus che in queste ore imperversano in rete al fine di sdrammatizzare.

Parlare tra di noi non è solo un ottimo antidepressivo ma può aiutarci a chiarirci le idee. Sempreché si è disposti al dialogo anziché volersi imporre ad ogni costo sull’interlocutore.

È giusto che anche in un momento come questo, ognuno di noi dica la sua. Però, se proprio dobbiamo farlo, cerchiamo di farlo in maniera responsabile, dando noi l’esempio a certi politici e giornalisti per i quali l’emergenza si sta rivelando un’ulteriore pretesto per fare campagna elettorale, dimostrando di fregarsene della salute e sicurezza pubblica. Alimentare il panico al solo scopo di attaccare il proprio avversario politico lo reputo un atteggiamento irresponsabile.

I conti si faranno a emergenza passata. A quel punto saranno i fatti, testimoniati dai numeri, a dire chi aveva ragione e chi torto. E allora la parola passi pure ai cittadini che attraverso il voto potranno decidere chi premiare e chi bocciare.

Sono questi i canoni su cui si regge una democrazia. Personalmente non ne conosco altri.

About Post Author

vincenzo giarritiello

Nato a Napoli nel 1964, Vincenzo Giarritiello fin da ragazzo coltiva la passione per la scrittura. Nel 1997 pubblica L’ULTIMA NOTTE E ALTRI RACCONTI con Tommaso Marotta Editore; nel 2000 LA SCELTA con le Edizioni Tracce di Pescara. Nel 1999 la rivista letteraria L’IMMAGINAZIONE pubblica il suo racconto BARTLEBY LO SCRIVANO… EPILOGO, rivisitazione del famoso racconto di H. Melville. Dal 2002 al 2009 ha coordinato laboratori di scrittura creativa per ragazzi tra cui uno presso la sezione femminile dell’IPM di Nisida, esperienza che racconta nel libro LE MIE RAGAZZE – RAGAZZE ROM SCRIVONO edito nel 2019. Tra il 2017 e il 2020 ha ristampato L’ULTIMA NOTTE e pubblicato SIGNATURE RERUM (il sussurro della sibilla), RAGGIOLO, UNO SCORCIO DI PRADISO IN TERRA e la raccolta di racconto L’UOMO CHE REALIZZAVA I SOGNI. Nel 2020 ha pubblicato con le edizioni Helicon il romanzo IL RAGAZZO CHE DANZÒCON IL MARE. Nel 2021, sempre con le Edizioni Helicon, ha pubblicato il romanzo UN UOMO BUONO (mio padre malato di Alzheimer). Ha collaborato e collabora con diverse associazioni culturali (Magaris; Lux in fabula), con riviste cartacee e digitali tra cui IL BOLLETTINO FLEGREO, NAPOLI PIÙ, MEMO, GIORNALE WOLF, COMUNICARE SENZA FRONTIERE, QUICAMPIFLEGREI.IT. Nel 2005 ha aperto il blog LA VOCE DI KAYFA e nel 2017 LA VOCE DI KAYFA 2.0. Dal 2019 ha attivato il sito www.vincenzogiarritiello.it. Per la sua attività di scrittore e poeta in vernacolo ha ricevuto riconoscimenti letterari.
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4 thoughts on “I SOCIAL ALL’EPOCA DEL CORONAVIRUS

  1. Come sempre esprimi i concetti in modo chiaro e diretto , è vero cerchiamo di stare “sul pezzo” senza divagazioni e congetture che poco servono al vero problema .Se proprio vogliamo parlare facciamolo per sensibilizzare la popolazione , soprattutto i più giovani ad affrontare il brutto momento per venirne fuori a testa alta.

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