Ogni volta che mi capita di camminare per Via dei Mille e passare davanti al civico 78, mi coglie un senso di nostalgia misto ad amarezza: laddove oggi sorge un negozio di macchine da caffè, fino a poco meno di vent’anni fa c’era la Libreria Marotta, una delle librerie storiche di Napoli, sede delle edizioni Tommaso Marotta Editore con cui nel 1997 pubblicai L’Ultima Notte, la mia prima raccolta di racconti. E dove per circa tre anni frequentai il laboratorio di scrittura creativa coordinato dallo scrittore Nando Vitali, allora direttore editoriale della casa editrice. In quegli attimi in cui i ricordi riaffiorano alla mente mi è impossibile tenere a freno le emozioni, evitando che i ricordi si riversino come magma incandescente dai cassetti della memoria, riscaldando mente e cuore.
Nel momento in cui lo sguardo si posa sul numero civico 78 e poi all’interno del negozio, invece di visualizzare sugli scaffali le macchinette da caffè e gli attrezzi da cucina e per la casa in bella mostra, il sipario della fantasia si solleva, la memoria retrocede nel tempo e gli occhi rivedono i ripiani alle pareti adorni di libri; incrociano lo sguardo di Lino, il commesso alto e occhialuto sempre sorridente, aggiornatissimo sulle novità editoriali e sui libri in generale; tratteggiano la figura dinoccolata di Tommaso, l’editore, che quando parlavi sembrava non ti ascoltasse, ma poi aveva sempre la risposta pronta a conferma che davvero l’apparenza inganna; si incollano sulla sobria figura di Nando, quasi sempre seduto in poltrona in un angolo con le gambe accavallate a leggere un manoscritto o un libro, che parlava con voce talemente sommessa che a volte faticavo a capire cosa diceva.
Ma in particolare ricordo il momento in cui, insieme a mia moglie, entrammo in libreria per lasciare in visione il manoscritto de L’Ultima Notte, e la telefonata che ricevetti in ufficio dopo tre giorni con cui Nando mi annunciava la decisione di pubblicare il racconto.
Così come mi è impossibile non ricordare l’indecisione che mi colse quando mi fu fatto presente che dovevo contribuire alle spese di pubblicazione, e l’intransigenza di mia moglie perché il racconto doveva essere pubblicato, “costi quel costi!”
Dal momento che firmai il contratto, iniziai un via vai settimanale alla libreria per incontrarmi con Nando per limare il racconto e scegliere gli altri che avrebbero dato vita alla pubblicazione. Furono, quelli, momenti che mai dimenticherò. Così come mai dimenticherò il giorno in cui mi telefonarono per comunicarmi che il libro era pronto e potevo passare a ritirare le copie che mi spettavano. Già allora muoversi in auto in quella zona di Napoli era un’impresa e ancor di più lo era parcheggiare. Eppure quel giorno tutto sembrò cospirare a mio favore: niente traffico e posto auto praticamente davanti all’ingresso della libreria.
” Che culo!” commentò Tommaso che mi aspettava sulla soglia del negozio.
Impossibile dimenticare l’emozione che provai quando, in occasione della presentazione del libro presso la libreria, le vetrine furono allestite con le copie de L’Ultima Notte. Una sensazione unica che ancora oggi, quando ci penso, mi emoziona: ho sempre considerato la pubblicazione di un libro, così come la realizzazione di qualsiasi opera d’arte, alla stregua della nascita di un figlio. Per un artista non vi è nulla di più appagante che dare forma e sostanza ai propri sogni rendendoli visibili a tutti.
Per non parlare degli incontri culturali che Tommaso e Nando organizzavano periodicamente in libreria e del laboratorio di scrittura curato da Nando: in quei momenti, tra quelle mura adorne di volumi da cui si diffondeva profumo di cultura, avevo la netta sensazione di trovarmi in famiglia. Ad avallare questa sensazione fu lo splendido rapporto di amicizia che si consolidò tra molti di noi che frequentavano il laboratorio, tanto che con alcuni ci incontravamo anche in privato per scambiarci opinioni sulla scrittura, sui libri che stavamo leggendo, sugli elaborati a cui stavamo lavorando, o semplicemente per il gusto di trascorrere qualche ora insieme chiacchierando del più e del meno.
Via Dei Mille 78 per me non sarà mai un semplice numero civico, rappresenterà per sempre la porta attraverso cui ebbi accesso in forma ufficiale a quel mondo cui mi approcciai da ragazzino per colmare la solitudine estiva, quando gli amici andavano in vacanza con le famiglie e io ero costretto a starmene da solo a casa, lavorando di fantasia per riempire il vuoto interiore di quelle giornate assolate e afose, scrivendo a macchina fuori al balcone al riparo delle veneziane abbassate.
Fu proprio durante una di quelle estati solitarie che prese corpo L’Ultima Notte, il mio primo vero racconto. E fu in quei locali ubicati al civico 78 che quel racconto, nato per saturare un vuoto interiore, trovò la soddisfazione di essere pubblicato, dando un senso a ciò che all’epoca in cui scrivevo per allontanare le frustrazioni della solitudine mi sembrava un immeritato castigo.
Sono passati più di vent’anni dal giorno in cui per la prima volta misi piede nel civico 78 di Via Dei Mille e ancora oggi, malgrado la libreria da tempo non esista più, quando ci passo davanti, non posso fare a meno di gettare uno sguardo all’interno del negozio con la speranza di ritrovare quei volti e quell’atmosfera che segnarono il momento in cui uno dei miei sogni da ragazzo si realizzò.
Sicuramente di sogni da realizzare ne ho ancora tanti, eppure pubblicare un libro ha sempre rappresentato una priorità. Forse perché inconsapevolmente sapevo che era quello l’unico modo che avevo per esorcizzare un triste periodo della mia vita di quand’ero ragazzo: la pubblicazione di un libro giustificava quelle sofferte giornate di solitudine, gli dava un senso!
Grazie Vincenzo per la condivisione di questi bei ricordi ed emozioni. Anch’io ricordo quella storica libreria dove da ragazzina andavo a comprare i libri scolastici. Ricordo l’odore della carta dei tanti libri ammassati ovunque e sognavo che un giorno su uno di quegli scaffali ce ne sarebbe stato uno col mio nome. Quella libreria non c’è più, come tante altre librerie storiche della Città, ed è una grande perdita, sopratutto per il piccolo scrittore che poteva facilmente e fisicamente sottoporre un suo scritto all’editore. Il libraio poi conosceva il lettore e lo consigliava o gli segnalava un’ultima uscita che poteva interessargli. Ora abbiamo i grandi store dove, tipo supermarket, i libri si pubblicizzano da soli secondo il numero di copie esposte sullo scaffale ad oc, dando quindi priorità ai soliti noti mentre lo scrittore poco conosciuto non ha speranza di essere proposto da uno scaffale o un carrello. Per fortuna alcuni, pochi, librai di buona volontà che con tanti sacrifici portano avanti le loro piccole attività, spesso aiutandosi con la cartoleria, ce ne sono ancora in città e in provincia. Teniamoceli stretti e preferiamo loro per i nostri acquisti. Annamaria Varriale
Cara Annamaria, ti ringrazio per il tuo sempre lucido e articolato commento. È vero, oramai i librai che danno spazio sugli scaffali agli autori emergenti sono pochissimi. Così come pochi sembrano essere gli editori disposti a investire, mi verrebbe da dire RISCHIARE, su un autore sconosciuto, malgrado presenti loro una proposta letteraria interessante. Tuttavia, al di là di questi inconvenienti non da poco, a chi come noi non può fare a meno di scrivere, la società odierna offre diverse alternative per condividere i propri scritti, sia in forma virtuale come può essere un sito o un blog, sia sotto forma di libro mediante il self publishing, realtà che ho scoperto due anni fa e che mi consente di levarmi qualche piccola soddisfazione. Ovviamente il self publishing richiede comunque un impegno non da poco, forse addirittura superiore rispetto alla pubblicazione con un editore in quanto, mentre quest’ultimo ti garantisce un lavoro di editing per meglio rendere pubblicabile e leggibile il testo, con il self publishing devi fare tutto da te. Magari facendoti aiutare da un amico/a ama scrivere ed è disposto/a a darti una mano nella revisione del testo.
Un bacio