Dunque, ci siamo quasi! Dopo un cammino circolare di 365 gradi, o giorni, fate voi, anche il 2019 si avvia mestamente a compimento tra botti, schiamazzi, canti, balli e, perché no?, orgasmi – anche questi servono per rendere meno amara la vita, o no? -, lasciando spazio al nuovo anno.
Chi più chi meno, tutti ci apprestiamo a salutare l’arrivo del 2020, proponendoci di essere migliori e di fare meglio rispetto al 2019. In tal senso ognuno, in cuor suo, tira le somme per valutare qualitativamente l’anno che volge al tramonto; se nel corso dei giorni che ne scandivano il cammino fosse riuscito, del tutto o solo in parte, a realizzare gli obiettivi che si era prefissato prima che iniziasse, proprio come sta facendo ora, con il 2020 alle porte.
Tutti, nessuno escluso, vorremmo che l’anno nuovo fosse migliore di quello vecchio. Pochi però comprendono che, perché ciò accada davvero, dobbiamo prima di tutto cambiare noi stessi. Solo così potremmo sperare in un anno migliore, al di là degli imperscrutabili disegni del destino contro cui nulla possiamo fare.
Eppure spesso il destino non serba solo sgradite sorprese come la perdita del lavoro, la malattia di un proprio caro o altro ancora. A volte ne ha di belle e inaspettate che, quando arrivano, ci lasciano stupiti, spaventandoci addirittura perché ci sembra impossibile che tanta gioia sia per noi!
Purtroppo l’essere umano è talmente strano che in questi casi spesso reagisce con ritrosia, rifiutando i regali della vita con stoica determinazione quasi fossero una condanna. Mentre quasi sempre si dimostra disponibile ad accettare passivamente i momenti brutti, ponendosi nella condizione di affrontarli con tutte le proprie forze pur consapevole che c’è poco da fare perché migliorino.
Nemmeno per un istante all’uomo – ovviamente sto generalizzando – passa per la mente che quel momento di piacere che la vita gli sta offrendo, qualunque esso sia, e che lui rifiuta in maniera sdegnosa, in realtà non possa essere lo zuccherino che gli si offre per lenire le sofferenze fino allora patite o quelle che patirà a breve.
L’impronta lasciata da secoli di cristianesimo nella nostra cultura, per cui molti sono propensi a identificare nel piacere, soprattutto in quello fisico, un’opera del demonio da rifuggire a ogni costo, mentre si mostrano disponibili ad accettare il dolore in quanto educati ad accettare la sofferenza perché rappresenterebbero la prova a cui la vita ci sottopone per valutare se siamo meritevoli di accedere al regno dei cieli, tuttora continua a influenzare il modo di vita di tanti.
In natura tutte le cose hanno un duplice aspetto, positivo e negativo. Dolore e piacere sono le opposte facce di quell’unica medaglia chiamata Vita. Negarsi l’uno propendendo verso l’altro, a mio avviso, è un gesto sconsiderato che snatura il senso dell’esistenza umana e del creato in quanto solo ciò che è in equilibrio è a un passo dalla verità.
Così come in molti casi accettiamo passivamente il dolore perché consci di non poter far nulla per cambiare il corso degli eventi – e tuttavia ci affanniamo con tutte le nostre forze per fronteggiarlo al fine di compiere il nostro dovere di uomini per sentirci a posto con la coscienza -, altrettanto dovremmo indulgere verso il piacere quando ci si presenta l’opportunità di godere un bel momento, soprattutto se lo desideriamo da sempre con tutte le nostre forze.
Acquisire la consapevolezza che essendo il piacere soggettivo – non a caso si dice NON È BELLO CIO CHE È BELLO MA È BELLO CIÒ CHE PIACE -, ognuno ha un modo diverso di intenderlo e di viverlo. Di conseguenza è ovvio che spesso ciò susciti le critiche altrui, essendo in contrasto con l’idea di piacere che gli altri hanno e, soprattutto, con il loro credo.
Spero sia chiaro che il mio discorso esula da quegli aspetti dove il piacere consta nell’addurre dolore agli altri. Esiste un abisso tra la cosiddetta normalità e la perversione. Seppure è indiscutibile che in un contesto di normalità il peccato è negli occhi di chi guarda, per cui, nel caso di adulti consenzienti, certe esperienza di dolore finalizzate al proprio piacere e a quello degli altri vanno comprese, seppure non condivise, proprio perché il piacere è qualcosa di personale e pertanto è giusto che ognuno lo viva a modo suo purché non arrechi danno alla comunità.
Se davvero vogliamo migliorare la nostra vita dobbiamo iniziare a modificare il nostro modo di pensare e di approcciarci a essa. Essere propensi non solo ad accettare e a patire il dolore e la sofferenza, ma anche ad accettare il piacere e viverlo senza tanti patemi, soprattutto se a offrircelo è la vita stessa perché un bel momento rende meno amara la vita!
Quante volte, costretti a dover fronteggiare un dramma personale o familiare, abbiamo rimpianto quel bel momento che in passato la vita ci offrì e che noi rifiutammo perché colti da mille scrupoli, affermando poi con rimpianto, ripensandovi, ah, se solo potessi tornare indietro!?…
Per quanto mi riguarda, meglio qualche rimorso in più e qualche rimpianto in meno. Anche così si può rendere migliore l’anno che verrà!
Buon anno a tutti!