
Tra amici e conoscenti ne ho alcuni che hanno contratto il covid o hanno un parente che si è infettato. Fortunatamente molti di loro ne sono usciti indenni, sottoponendosi semplicemente all’isolamento casalingo. Altri invece sono stati costretti a dover ricorrere alle cure ospedaliere.
Il perché di questa disparità di trattamento me lo hanno spiegato alcuni medici di mia conoscenza: “se il virus non ti attacca ai polmoni, i sintomi equivalgono a poco più di una semplice influenza e nel giro di un paio di settimane ritorni alla normalità. Se invece hai la sventura che si estenda ai polmoni, devi solo ricoverarti, non hai alternative!”.
Malgrado di queste testimonianze ve ne siano un’infinità – perfino di convinti negazionisti ricredutesi dopo essersi ammalati di covid e essere stati per settimane in terapia intensiva – tanta gente continua a negare l’esistenza del virus, affermando allegramente “di coviddi non ce n’è!”.
Mi è stato raccontato di un negazionista che candidamente ha confidato di aver avuto in estate la febbre alta per più giorni, senza mai preoccuparsi di fare un tampone per appurare se avesse il covid: “dopo alcuni giorni, sono stato bene! Se anche si fosse trattato del virus, è passato da sé. Che vuoi che sia?”.
Il soggetto in questione non è stato minimamente roso dal dubbio di poter aver funto da untore all’epoca, né d’essere tuttora portatore del virus, tanto “di coviddi non ce n’è!”.
Viceversa una mia conoscente ha il marito ricoverato da quasi quaranta giorni per aver contratto il covid mentre lavorava in un ufficio comunale. Mi ha assicurato che il coniuge non aveva alcuna patologia pregressa: “nonostante stesse bene, il virus lo ha preso ai polmoni e lo abbiamo dovuto ricoverare d’urgenza. Fortunatamente ora sta meglio, ma ho temuto di perderlo!”.
Questa signora quotidianamente scrive sui social, ammonendo quanti sottovalutano il virus di non trascurarne la pericolosità, raccontando il dramma che ha vissuto e sta vivendo – “fino a quando mio marito non tornerà a casa, non mi tranquillizzerò!” -, venendo irrisa e offesa dai negazionisti perché “di coviddi non ce n’è!”.
Una professoressa che insegna alle medie mi ha raccontato che un alunno, al suo invito a indossare la mascherina in classe, sorridendo disse: “tanto il covid non esiste!”.
Lei intelligentemente rispose: “Sarà come tu dici, ma poiché esiste una legge dello Stato che ci obbliga a tenerla, sei invitato a indossarla anche tu, altrimenti chiami mamma e ti fai venire a prendere”.
A quel punto l’alunno indossò la mascherina, ma la professoressa ha avuto il dubbio che se i genitori fossero venuti a prenderlo, si sarebbe sentita rispondere anche da loro: “di coviddi non ce n’è!”.
Molti di questi negazionisti fino a ieri, per avallare le loro astruse e controverse teorie, avevano come punto di riferimento scientifico l’immunologo americano Fauci il quale agli inizi della pandemia la sminuiva: nel momento in cui si è ricreduto, affermando “gli asintomatici possono trasmettere il virus“; invitando alla cautela perché il virus è pericoloso e “l’autunno e l’inverno non saranno facili”, lo hanno riposto nel dimenticatoio come se fosse una giacchetta fuori moda, prendendo come bussola altri scienziati (?) che continuano a negare l’esistenza del virus o a sminuirne la pericolosità, magari teorizzando l’immunità di gregge, perché “di coviddi non ce n’è!”.
E intanto c’è chi continua ad ammalarsi e a morire di “coviddi”.
Ma per i negazionisti o presunti tali “di coviddi non ce n’è”.
Fino a che, speriamo mai, non toccherà a loro!
Buongiorno, purtroppo è inevitabile che fin quando non si provi sulla propria pelle una disgrazia, impossibile comprenderne fino in fondo il dolore, soprattutto quando questa coinvolge pochi. Ahimè è triste ma è così. Nel caso di una pandemia è indispensabile comprenderne l’entità, le sole immagini che mesi fa hanno fatto il giro del mondo che riproponevano i camion dell’esercito che trasportavano salme, sono e devono essere un pugno allo stomaco per tutti, devono farci riflettere oggi più di ieri affinché non si ripetano gli eventi, negare l’evidenza non ci arricchise tutt’altro: ci priva dell’umanità che ognuno di noi dovrebbe avere prima nei confronti del prosssimo e poi verso noi stessi, alimenta convinzioni di massa, che risultano essere deleterie per l’intera comunità. Prima ci atteniamo alle regole e prima riusciremo a limitare i danni. È una questione di coscienza affinchè questa non si aggravi di un peso che potrebbe diventare un macigno.
Cara Nunzia, considera che c’è chi addirittura mette in discussione il filmato dei camion carichi di bare, ritenendolo un filmato vecchio, senza però specificare a quale tragedia si riferisse.
Grazie per il commento!