Alla domanda se fosse possibile partecipare alle celebrazioni commemorative di un caposaldo della filosofia mondiale qual è Giordano Bruno senza citarlo né fare il minimo accenno a una delle sue opere, istintivamente verrebbe da rispondere “no!”. Soprattutto se il luogo concessoti per eseguire la performance artistica è il chiostro di San Domenico Maggiore dove Bruno studiò quando era un giovanissimo domenicano.
“Solo un folle”, verrebbe da dire, “si azzarderebbe a farlo!”
Ebbene, se davvero così fosse, quel folle esiste: il suo nome è Nicola Dragotto.
Artista imprestato all’avvocatura, da oltre vent’anni impegnato a proporre nei teatri italiani e nei luoghi di cultura i suoi spettacoli di teatro canzone, lunedì 11 maggio 2020 per il maggio dei monumenti dedicato ai 420 anni dalla scomparso del nolano, nella suggestiva atmosfera del chiostro di San Domenico Maggiore, Dragotto ha recitato un ampio spaccato del suo spettacolo IL ROVESCIO DEL MONDO per la regia di Franco Maione.
Per oltre mezz’ora l’avvocato/cantautore ha recitato e cantato testi scritti e musicati da sé la cui profondità di pensiero e, in alcuni punti, la sfacciata irriverenza, hanno riflesso, oserei dire in maniera speculare, la filosofia e l’ironia bruniana che traspariscono da alcune sue opere tra cui Il Candelaio.
Accompagnandosi con la chitarra Dragotto ci ha deliziati offrendoci uno spettacolo dove non solo abbiamo avuto modo di apprezzarne le indiscusse qualità canore, ben note a chi lo conosce come cantautore, ma anche per le sue doti istrioniche che ne hanno evidenziato l’indiscussa capacità recitativa, dove le varie espressività della maschera del viso compensavano egregiamente la sobrietà scenografica.
Poiché da tempo gli studiosi dibattono sulla sempre meno presunta esistenza di uno stretto legame tra la presenza di Bruno alla corte di Elisabetta I di Inghilterra e la successiva comparsa di Shakespeare, il cui teatro sarebbe pregno di influenze bruniane a testimonianza di quanta incidenza avessero le idee di Giordano Bruno all’epoca elisabettiana, non è un caso se nel suo lavoro Dragotto abbia parafrasato da par suo il monologo essere o non essere dell’Amleto.
La profondità dei testi del cantautore, che non ha mai nascosto la propensione ad anteporre la qualità del messaggio scritto rispetto alle tendenze del mercato, sarebbero state sicuramente apprezzate dal nolano il quale, pur di non tradire i propri ideali, decise di soccombere con onore alle pressioni dell’inquisizione affinché abiurasse le proprie idee ritenute eretiche; preferendo perdere la vita salvando la faccia, anziché salvare la vita perdendo la faccia.
Mi piace chiudere questo breve scritto, citando in maniera integrale la parte conclusiva del monologo finale dello spettacolo di Dragotto perché, a mio modesto avviso, racchiude l’essenza della filosofia di Giordano Bruno: Non mi resta che star fermo ed aspettare. Che cosa? L’uomo! Perché c’è una cosa che ci può far ancora sperare: l’istinto di sopravvivenza cui deve obbedire. Ma una sopravvivenza dettata dal coraggio, che non sia la nemesi di un ultimo saccheggio. Una sopravvivenza che non trovi conforto nel mito della produzione, ma nell’affermazione del concetto di bene comune. Un uomo nuovo, partorito dal ventre della terra che per costruire non debba più fare una guerra. Un uomo nuovo che scopra il proprio Dio nella più umana essenza del suo Io!
Per vedere lo spettacolo di Nicola Dragotto basta andare sul sito Facebook dell’Assessorato alla Cultura e allo Spettacolo del Comune di Napoli, oppure cliccare sul link https://www.facebook.com/assessoratoallaculturaealturismodelcomunedinapoli/videos/683631585539601
La qualità è garantita!