POLENTA DI GRANO DURO, Monica Paoli racconta nonna Adriana

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Alcuni mesi fa, grazie a un contatto comune su Facebook che era stato a Gioviano, paesino della Garfagnana in provincia di Lucca, per assistere alla presentazione, mi è stato recapitato il volume POLENTA DI GRANO DURO – nonna Adriana racconta di Monica Paoli.

Come mi spesso mi accade con i libri, non solo quelli meno noti o sconosciuti, lo riposi sullo scaffale della libreria, ripromettendomi di leggerlo quanto prima per mantenere l’impegno assunto con Monica di farle poi sapere se mi fosse piaciuto.

Di Monica avevo già avuto modo di leggere alcune favolette che aveva pubblicato sul suo profilo social. Nella loro semplicità, avevo apprezzato la capacità narrativa dell’autrice la quale, in poche righe, riusciva a condensare storie per bambini – Monica è maestra d’infanzia – delicate e ben strutturate. Delle vere e proprie short stories per piccini.

Pertanto non mi stupii quando seppi della sua intenzione di pubblicare un libro che raccontasse la storia della propria famiglia, la cui voce narrante fosse la nonna materna Adriana, scomparsa poco dopo aver compiuto cent’anni, a cui Monica era molto legata e voleva rendere il dovuto tributo.

Il libro, scritto in idioma garfagnano, ma comprensibile da chiunque lo leggesse, è il racconto di una vita, quella appunto di nonna Adriana  e della sua famiglia, narrato in prima persona dalla protagonista a cui la penna di Monica fa da altoparlante.

Si inizia con lo scoppio della prima guerra mondiale che costrinse il padre di Adriana, Carlo, a partire per il fronte quando lei era ancora piccina, ritornandovi vivo ma non più lo stesso – si attaccò alla bottiglia per cercare conforto dal dolore per aver visto morire in battaglia tanti suoi compagni e amici senza poter far nulla per aiutarli, preoccupato com’era a salvare se stesso – inducendo Zelinda sua moglie a sostenere, anche il mi Carlo, tanto buono e timoroso di Dio, un è più tornato, maledetta guerra! C’ho in casa un omo diverso, un è più il mi Carlo!

La narrazione prosegue in maniera fluida, raccontandoci della povertà in cui versavano le famiglie dell’epoca, inclusa quella di nonna Adriana, e della dignità con cui affrontavano quella triste condizione con il contributo di tutti, inclusi i bambini. Fu così che all’età di soli dieci anni nonna Adriana fu costretta ad abbandonare la scuola per andare a lavorare come aiuto domestica presso una famiglia di Livorno dove conobbe Anselmo, il suo primo amore, seppur platonico.

Le foto d’epoca che accompagnano il testo, partendo da quella di copertina, ci mostrano quanto bella fosse da giovane nonna Adriana, quindi non stupisce che Denaco, il don Giovanni del paese, le avesse messo gli occhi addosso chiedendola in sposa. Dal loro matrimonio nacquero Alda e Giuseppe, le sua grandi gioie ma anche i suoi più grandi dolori.

Non vi è nulla di più innaturale e doloroso per un genitore di sopravvivere a un figlio. Nonna Adriana sopravvisse a entrambi. Giuseppe morì a soli trentatré anni in un incidente in Sicilia agli inizi degli anni settanta, Alda anni dopo di un male incurabile.

In questo excursus narrativo di circa settant’anni di storia familiare, condensato in poco meno di ottanta pagina, più le fole (favole) che nonna Adriana inventava per i nipoti e che Monica giustamente ripropone in appendice, si percepisce l’amore e la riconoscenza di una nipote verso la propria ava.

Nello stesso tempo questo atto di riconoscenza ci fa capire quanto amorevole fosse nonna Adriana. Una donna che, oltre al dolore per la scomparsa di entrambi i figli, in precedenza ha dovuto soffrire la lontananza del marito emigrato in America per oltre venticinque anni affinché alla famiglia non mancasse nulla, rientrando definitivamente dagli USA più americano che italiano, recando con sé tante sorprese per moglie, figli e nipoti.

Con questo libro Monica Paoli ha voluto ringraziare nonna Adriana per tutto ciò che ha fatto per tenere unita la famiglia, dando un futuro ai suoi figli e, di riflesso, garantendolo anche ai suoi nipoti Monica e Frediano.

A nostra volta dobbiamo dire grazie a Monica per averci regalato questo libricino senza pretese letterarie, sue parole testuali. Ma che, proprio perché privo di ambizioni, è stato scritto e curato col cuore.

Non sempre le cose fatte col cuore riescono meglio di quelle meditate e strutturate a tavolino. Ma, quando accade, ci riempiono l’animo di gioa e commozione.

POLENTA DI GRANO DURO ne è un esempio.

Da lassù nonna Adriana sarà orgogliosa della mi nipote Monica!

About Post Author

vincenzo giarritiello

Nato a Napoli nel 1964, Vincenzo Giarritiello fin da ragazzo coltiva la passione per la scrittura. Nel 1997 pubblica L’ULTIMA NOTTE E ALTRI RACCONTI con Tommaso Marotta Editore; nel 2000 LA SCELTA con le Edizioni Tracce di Pescara. Nel 1999 la rivista letteraria L’IMMAGINAZIONE pubblica il suo racconto BARTLEBY LO SCRIVANO… EPILOGO, rivisitazione del famoso racconto di H. Melville. Dal 2002 al 2009 ha coordinato laboratori di scrittura creativa per ragazzi tra cui uno presso la sezione femminile dell’IPM di Nisida, esperienza che racconta nel libro LE MIE RAGAZZE – RAGAZZE ROM SCRIVONO edito nel 2019. Tra il 2017 e il 2020 ha ristampato L’ULTIMA NOTTE e pubblicato SIGNATURE RERUM (il sussurro della sibilla), RAGGIOLO, UNO SCORCIO DI PRADISO IN TERRA e la raccolta di racconto L’UOMO CHE REALIZZAVA I SOGNI. Nel 2020 ha pubblicato con le edizioni Helicon il romanzo IL RAGAZZO CHE DANZÒCON IL MARE. Nel 2021, sempre con le Edizioni Helicon, ha pubblicato il romanzo UN UOMO BUONO (mio padre malato di Alzheimer). Ha collaborato e collabora con diverse associazioni culturali (Magaris; Lux in fabula), con riviste cartacee e digitali tra cui IL BOLLETTINO FLEGREO, NAPOLI PIÙ, MEMO, GIORNALE WOLF, COMUNICARE SENZA FRONTIERE, QUICAMPIFLEGREI.IT. Nel 2005 ha aperto il blog LA VOCE DI KAYFA e nel 2017 LA VOCE DI KAYFA 2.0. Dal 2019 ha attivato il sito www.vincenzogiarritiello.it. Per la sua attività di scrittore e poeta in vernacolo ha ricevuto riconoscimenti letterari.
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