In questi tre romanzi affronto tematiche legate all’ermetismo: L’ultima notte, Signature rerum e Il ragazzo che danzò con il mare. I primi due li potete acquistare direttamente su Amazon, il terzo lo potete ordinare sia online che in libreria.
Dopo aver letto Notre Dame di Paris, scrissi un post dal titolo VICTOR HUGO, SCRITTORE E INIZIATO in cui esponevo le mie convinzioni riguardo la supposta natura iniziatica dell’opera; riconoscendo al grande scrittore francese lo status di iniziato. Cosa che, ho poi scoperto leggendo alcuni scritti sulla sua figura, più di un biografo presuppone.
Tuttavia, essendo l’opera di Hugo sterminata la cui pubblicazione di opere inedite s’è protratta per anni dopo la sua morte, mi sentii obbligato a approfondire il personaggio per valutarne meglio la personalità al fine di trovare ulteriori conferme alla mia deduzione. Di conseguenza decisi di leggere il suo capolavoro, I MISERABILI certo che, se davvero la mia supposizione fosse giusta, tra le righe del romanzo avrei trovato ulteriori conferme. Armato di pazienza e, per quanto fosse possibile, con occhio vigile, mi apprestai alla sua lettura.
Fin dalle prime pagine la natura iniziatica dell’opera mi si palesò in tutta la sua sontuosa maestosità. I ripetuti riferimenti ai conflitti interiori che colgono l’uomo quando, dopo aver commesso un crimine, trovandosi al cospetto di chi pur avendo ricevuto dal suo operato un danno, anziché punirlo denunciandolo alle autorità competenti, lo assolve confidando in un suo rinsavimento esistenziale – come fa il vescovo di Dygne nei confronti di Jean Valjean protagonista indiscusso dell’opera dando vita a un meccanismo di conversione spirituale, tema dominante dell’opera fino all’ultimo rigo – mi sembrò introducessero quello che s’è poi rivelato essere l’argomento cardine dell’opera:una profonda discussione sulla natura dell’anima umana.
Se in Delitto e Castigo di Dostoevskij il protagonista, dopo aver commesso il delitto, vive un eterno conflitto interiore che non gli darà tregua fino all’epilogo della storia, costringendolo a guardarsi sempre alle spalle e a nascondersi da tutto e da tutti temendo che gli altri siano a conoscenza del crimine che commesso e lo tengano sotto osservazione per coglierlo in flagrante quanto meno se l’aspetta, mettendo in tal modo in risalto come il crimine contenga in sé il castigo rappresentato dagli scrupoli e dalle paure che assalgono chi lo ha commesso inducendolo a vivere in un eterno stato di oppressione e di paura, la morale de I Miserabili secondo me è: essendo l’anima umana una goccia di quel grande oceano di bene che è Dio, dovendo per forza di cose la goccia contenere in sé le caratteristiche del mare da cui deriva, conterrà a sua volta in sé il bene ma offuscato dalla pesantezza materiale. Pertanto, se messa nella giusta condizione di sgravarsi dai legami materiali mediante la riflessione e la preghiera, l’anima non potrà a sua volta che tendere al bene.
Emblematica a riguardo è la frase che era solito proferire il vescovo di Dygne, tra i cui hobby spiccava il giardinaggio: “L’anima è un giardino”. Indicando con ciò come l’anima non debba essere trascurata bensì coltivata con saggezza, al pari di un giardino, mediante le buone letture e la preghiera affinché dia buoni frutti.
Tuttavia vi è un altro strumento che permette la coltivazione dell’anima. Esso ci viene presentato all’inizio del capitolo sesto intitolato Javert. Parlando alla disgraziata e moribonda Fantine, la madre di Cosette che diventerà sua figlia adottiva, il sindaco Madeleine, alias Jean Valjean, sussurra: “avete sofferto molto povera madre! Ma non ve ne lagnate, perché ora possedete la dote degli eletti. In questo modo gli uomini si trasformano in angeli: non è colpa loro se non possono fare diversamente. Questo inferno, dal quale uscite, è il primo aspetto del cielo. Di qui era necessario cominciare”.
Dunque, stando a Hugo, è attraverso una vita di miseria e sofferenze che l’anima umana può ritrovare il proprio riscatto e elevarsi al cielo. Questo ragionamento tradirebbe la natura cattolico-dogmatica del romanzo che assumerebbe i connotati di surrogato evangelico. E invece è proprio in questo contesto che a mio avviso si svela la natura iniziatica de I Miserabili.
Pur trattando dell’anima umana, argomento di non facile approccio per via della sua natura evanescente, Hugo non cede mai ai bigottismi. Il suo discorso è sempre molto lucido, scevro da enfatizzanti riferimenti di natura religiosa. L’analisi resta salda nei confini del razionalismo senza mai sfociare in ambito fantasioso e surreale, prendendo come spunto per il proprio ragionamento l’operato umano che considera riflesso incondizionato della natura umana di cui l’anima è indissolubile tassello.
Non a caso c’è stato chi ha individuato ne I MISERABILI un vero e proprio testo di psicologia, a conferma di quanto asserivamo prima. Ossia che l’opera, al di là delle apparenza, non è affatto un mattone di carta ridondante messaggi retorici, bensì il proposito è di penetrare a fondo il mistero dell’uomo per dimostrare che in ognuno di noi esistono due nature conflittuali: una tendente al bene l’altra al male. E che è dovere dell’uomo confluire verso il bene anche a costo di arrecare danni a se stesso. A sostegno di ciò vi è una frase pronunciata dall’io narrate che sintetizza ciò: “fare del bene è facile. Essere giusti è difficile.”
In tal senso altra personaggio del romanzo che inquadra l’uomo in preda a tale conflitto è il poliziotto Javert, uomo integerrimo che insegue Valjean in lungo e in largo per assicurarlo alla giustizia. Ma che alla fine, salvato da Valjean da morte certa durante i moti del 32, è costretto a cedere alla riconoscenza verso di lui invocata dalla propria coscienza rendendolo libero; sacrificando poi se stesso allorché i rimorsi interiori per non aver assicurato un criminale alla giustizia di cui è servitore gli attanaglieranno l’anima.
Che Hugo credesse nell’esistenza dell’anima distinta dal corpo è dimostrato dal fatto che non disdegnava partecipare alle sedute spiritiche. Ciò non deve stupire visto che nell’epoca in cui lo scrittore visse sorsero in Francia e in tutta Europa circoli culturali e società segrete di matrice esoterica rifacentisi alla tradizione egiziana. Inoltre i moti rivoluzionari narrati dallo scrittore e quelli successivi cui egli stesso partecipò portavano il marchio della massoneria a cui aderì 1869 partecipando all’adunanza napoletana dell’Assemblea dei Liberi Pensatori.
Ritenere che Victor Hugo fosse un iniziato non è affatto un’eresia ma la logica conclusione di un procedimento analitico delle sue due opere più famose, Notre Dame de Paris e I Miserabili. Seppure molti ritengono L’Uomo che Ride l’opera in cui si rivelerebbe la natura iniziatica dello scrittore.
È ovvio che il presente giudizio su Hugo e le sue opere è strettamente personale. Ognuno in un’opera trova quanto è in sintonia con il proprio io. Di conseguenza non escludo, anzi sarà certamente così, che altri leggendo i suoi romanzi vi ritroveranno aspetti totalmente contrastanti rispetto alla mia visione, sconfessandomi senza se e senza ma.
Per quanto mi riguarda, pur consapevole dei rischi in cui incorro, rendo pubblica questa mia riflessione confidando che essa possa fungere da sprone per quanti la leggeranno nell’avvicinarli a un autore il cui pensiwero, da qualunque punto lo si analizzi ha ancora molto da dare allo sviluppo della società umana.
In questi tre romanzi affronto tematiche legate all’ermetismo: L’ultima notte, Signature rerum e Il ragazzo che danzò con il mare. I primi due li potete acquistare direttamente su Amazon, il terzo lo potete ordinare sia online che in libreria.