Questo post inaugura una serie di racconti in cui ho intenzione di narrare, servendomi del supporto fotografico, dei tanti episodi simpatici che mi sono capitati durante la mia attività di runner. Spero che i protagonisti non se l’abbiano a male se li cito esplicitamente. Ovviamente se a qualcuno tutto ciò dovesse dare fastidio, basta che me lo faccia sapere e sarà mia premura attuare una modifica, limitandomi a raccontare i fatti utilizzando nomi di fantasia.
Sabato 15 giugno 2014 a Telese si correva l’ottava edizione del Trofeo Città di Telesia. Con un gruppo di amici – Antonio, Mauro, Nunzio e Silvio – alle tre del pomeriggio partimmo da Pozzuoli per partecipare alla gara il cui inizio era previsto per le sette di sera.
Il cielo plumbeo e neri nuvoloni all’orizzonte confermavano le pessime condizioni del tempo segnalate dal servizio meteorologico: quel pomeriggio sulla Campania si sarebbe scatenato un nubifragio.
Giunti a Maddaloni, all’altezza del Ponte della Valle, i monti all’orizzonte striati dalla pioggia non alimentavano vane speranze: il brutto tempo avrebbe condizionato la gara.
Ciononostante, le rincuoranti parole di Antonio – “Ho casa a Bocca della Selva: da questa parti fa sempre così ma poi subito passa!” – e di Mauro – “Prima di scendere ho visto le previsioni, spioverà poco prima della partenza!” – ci facevano ben sperare.
Man mano che con l’auto proseguivamo sulla Telesina, la strada statale che collega i comuni della valle Telesina con Benevento, le condizioni meteo peggioravano sempre di più. Nel momento in cui mettemmo piede a Telese, si scatenò un vero e proprio diluvio che, col passare del tempo, anziché scemare, aumentava di intensità alimentando in noi il dubbio se non fosse stato meglio tornarcene a casa.
Ad allontanare lo spettro della resa furono le perentorie parole di Nunzio: “Se non annullassero la gara, corriamo. Mica siamo venuti qui per farci una passeggiata? Quante volte abbiamo corso sotto la pioggia? Che so ste pagliacciate?”
Fu così che, seppure poco convinti, prima ci riparammo in un bar, poi in uno dei gazebo adibiti dagli organizzatori a salottino per consentire ai top Runner, i campioni veri, di rilassarsi all’asciutto in attesa del via.
Mentre eravamo al riparo in quest’oasi di serenità temporalesca, una delle ragazze dell’organizzazione entrò, ci salutò e disse: “Signori, mi dispiace, dovete uscire. Questi gazebo sono per i top runner!”
Per nulla intimorito da quell’affermazione, mi voltai verso Nunzio in bermuda che sedeva comodamente sul divanetto con le gambe accavallate e dissi: “Signorina, ma qui c’è il signor Punziano!” dando a intendere che anche il mio amico era un campione vero.
Mortificata si rivolse verso di lui e riverente disse: “Mi scusi signor Punziano, non l’avevo riconosciuto!”
Nunzio assunse un’aria di sufficienza e rispose: “Non si preoccupi, signorina, non fa nulla!”
A quel punto la hostess fece una sorta di inchino e uscì dal gazebo per non disturbarci.
Non appena fummo soli, scoppiamo in una fragorosa risata mentre Nunzio si sistemava nel divanetto, mormorando: “E mò chi me schiova chiù a ccà! (e ora chi mi schioda più da qui)”.
Per la cronaca, la pioggia non accennò a diminuire. Addirittura la partenza fu ritardata di venti minuti perché, in corrispondenza dell’orario per lo start, il diluvio aumentò di intensità costringendo gli atleti a cercare riparo sotto i palazzi, nei negozi e nei bar. Tutta la gara si svolse sotto l’acqua.
All’arrivo, se non fosse stato per la bontà di una donna che ci mise a disposizione il proprio garage affinché ci potessimo cambiare all’asciutto, offrendoci asciugamani e fon per asciugarci i capelli, davvero avremmo rischiato di beccarci un malanno.
A distanza di anni, tuttora quando con Nunzio ricordiamo quell’episodio, ridiamo di gusto.
Per quanto invece riguarda quell’angelo dalle sembianze di donna, nei suoi confronti nutriremo per sempre un’infinita riconoscenza.