
Di seguito un breve estratto del mio romanzo IL RAGAZZO CHE DANZÒ edito dalle Edizioni Helicon di cui domenica 14 febbraio è uscita la recensione sul quotidiano La Nazione nella cronaca di Arezzo.
[…] Spostò lo sguardo in un altro punto del prato: strisciando acquattata nell’erba, una volpe si avvicinava minacciosa al passerotto che osservava la madre volare sul ramo. Goffamente l’uccellino prese a saltellare sul campo, allontanandosi quel tanto da lasciare a bocca asciutta il predatore. Innervosita da quell’imprevisto, la volpe agitò la coda, permettendo al passerotto di avvertirne la presenza rapace. Cinguettando, lui cominciò a saltellare nervosamente sull’erba, agitando affannosamente le ali, sotto lo sguardo assassino della volpe sollevatasi sulle zampe per evitare che la preda gli sfuggisse di nuovo. Il suo destino sembrava irrimediabilmente segnato quando, come una saetta, dal cielo in picchiata un falcone si avventò sulla volpe: l’afferrò tra gli artigli e la trascinò con sé per saziare l’appetito dei propri piccoli.
– Anche gli animali hanno l’angelo custode – sentenziò l’uomo, fissando un puntino nero allontanarsi nel cielo all’orizzonte.
Il treno si rimise in movimento.
– Secondo te – domandò, accarezzando il dorso delle carte – perché il passerotto, da preda, ha poi funto da
esca? Chi o cosa ha stabilito ciò: il caso o il destino?
Il ragazzo rifletté.
– L’istinto di conservazione? – suppose poco convinto.
– Potrebbe essere, ma, in tal caso, non pensi che l’uccellino si sarebbe procurato da sé una scappatoia anziché gli eventi a offrirgliela? Salvo che non reputi sia la volontà divina a designare i ruoli delle creature in
questo mondo! Allora sì che non sarebbe improprio parlare di istinto di conservazione, giacché esso assurgerebbe a mezzo per la realizzazione del piano divino, ma quale sarebbe tale progetto? – chiese traendo dal mazzo un’altra carta.
Sul cartoncino risaltava un giovane re biondo con la fronte cinta da una corona ornata da tre stelle. Sedeva a cassetta di un carro trainato da due sfingi, una bianca e l’altra nera, che tiravano in opposte direzioni. La
figura era contrassegnata dalla scritta “Il Carro VII”.

Occupato a osservare la carta, il ragazzo non si avvide del carro che, dall’altro lato del vetro, avanzava lento sulla strada sterrata parallela ai binari. Un uomo biondo teneva con fatica le briglie cui erano legati due cavalli, uno bianco e l’altro nero, nel tentativo di aggirare la profonda crepa che si apriva sulla via.
– Che cosa rappresenta? – domandò, fissando la figura mentre il carro spariva nella fitta vegetazione senza che lui se ne accorgesse.
– Simboleggia chi non si lascia soggiogare dalle contingenze della vita, ma le affronta eroicamente, sottomettendole alla propria volontà. Certamente non ti sarà sfuggito che le due sfingi hanno colori diversi. Ciò è fondamentale per comprendere il significato della carta e a cosa allude la sua presenza al fianco delle altre nella divinazione. Il bianco e il nero allegorizzano gli opposti che incontrandosi originano la
vita; l’eterno contraddittorio che anima l’universo. Il motivo per il quale in alcuni mazzi è chiamata IL TRIONFATORE o LA VITTORIA, sottintende che solo chi riuscirà a bilanciare le opposte nature che coabitano in sé, riuscirà a realizzarsi. – L’uomo tornò a guardare oltre il finestrino. Su una radura sterminata un branco di cavalli selvaggi pascolava tranquillo sotto il sole. Defilato su una collinetta, lo stallone pezzato brucava indisturbato tra due cavalle di diverso colore.
– Lasciarsi vincere dalle emozioni è sintomo di fragilità mentale. L’arcano del Carro ci svela che se vogliamo affermarci nella vita, dobbiamo dominare noi stessi e le situazioni che quotidianamente ci troviamo ad
affrontare. Guarda quella barca – disse poi, indicando in lontananza un veliero, con lo spinnaker gonfio al vento, fendere il mare.
Era la prima volta che il ragazzo vedeva una barca a vela filare così velocemente tra le onde. Lo scafo procedeva nella stessa direzione del treno, dando l’impressione che lo skipper e il macchinista gareggiassero tra loro per stabilire quali elementi combinati insieme raggiungessero la perfezione: l’aria unita all’acqua, o il fuoco legato alla terra. Sembrava che il natante, spinto da un forte vento di poppa, fosse prossimo a superare il treno quando la sua prua rosso corallo virò bruscamente. Simultaneamente lo spinnaker si afflosciò, delegando ai fiocchi e al genoa il compito di spingere il veliero verso lidi lontani.
– Hai visto che manovra? – disse ammirato l’uomo, fissando il natante allontanarsi in direzione opposta.
– Tutto si è svolto con apparente facilità. Eppure compiere la virata e ammainare quell’imponente telo non è cosa da poco. Il sincronismo dell’azione è il risultato del perfetto affiatamento tra l’equipaggio e lo skipper capace di impartire gli ordini giusti al momento opportuno. Considera che la barca potrebbe anche muoversi da sola, affidandosi alle correnti e ai venti, ma in questo modo sarebbe in balìa degli elementi e rischierebbe di inabissarsi o di infrangersi sulla scogliera. Se invece le correnti e i venti fossero sfruttati adeguatamente dall’uomo, le probabilità di andare alla deriva e di affondare dipenderebbero unicamente dal fato. Eppure, se ciò accadesse, le responsabilità, alla fine, comunque ricadrebbero sul comandante perché quando una barca affonda, per quanto la malasorte possa metterci lo zampino, alla fine sono sempre le scelte degli uomini a determinare il corso degli eventi. Tieni presente che le leggi della navigazione riflettono quelle dell’esistenza umana. Si può vivere in modo spensierato, ma se la nostra vita dovesse poi finire tragicamente, bisognerà imputare solo alla nostra dabbenaggine la causa del fallimento. Credimi, ci vuole un niente per essere vincenti nella vita: basta conoscere bene la propria barca e governarla come si conviene, tenendo sempre sotto controllo gli elementi, ossia le passioni e soprattutto essere consapevoli che nulla accade per caso! Questo è l’ammonimento trasmesso da questa carta – concluse, puntando con fermezza l’indice sull’immagine del CARRO.
Fissando il dito indugiare sulla figura, il ragazzo si chiedeva come fosse possibile che un semplice disegno intendesse tante cose.