Anche Apollonio di Tiana passò per Pozzuoli

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Fino a quando nel 62 d. C. non fu completato il porto di Ostia, quello di Pozzuoli fu l’approdo obbligato delle navi provenienti dalle province romane di Africa e d’oriente cariche di viaggiatori e merci dirette a Roma. Fu questo il motivo per cui San Paolo, l’apostolo illuminato sulla Via di Damasco, sbarcò a Pozzuoli da dove intraprese la sua opera apostolica in occidente.

Altra figura importante che più di una volta sarebbe sbarcata a Pozzuoli – nell’ultimo caso per scampare alla morte – fu il filosofo/mago Apollonio di Tiana, come racconta Filostrato nella sua VITA DI APOLLONIO DI TIANA.  

Ma chi fu Apollonio di Tiana?

Coevo di Gesù, di lui si racconta che, oltre a essere un seguace della dottrina pitagorica – praticava un’alimentazione vegetariana, non indossava abiti confezionati con pelli animali, esecrava i sacrifici animali, praticava il silenzio, dominava i sensi sublimandoli, praticava il celibato, credeva nella reincarnazione –, come Cristo sarebbe stato in grado di compiere miracoli guarendo gli infermi e, addirittura, resuscitando i morti.

Al pari dei Vangeli che furono scritti molto tempo dopo la scomparsa di Gesù – quello di Marco, redatto in greco, ritenuto il più antico dei canonici, risalirebbe tra il 65 e il 70 d. C. –, anche l’opera di Filostrato sulla vita di Apollonio di Tiana fu scritta molti anni dopo la sparizione del filosofo. Precisamente tra il II e il III secolo d. C. su commissione di Giulia Domna, moglie dell’imperatore Settimio Severo e devota di Apollonio, donna di profonda sensibilità e cultura tanto da potersi ritenere a giusta ragione una femminista ante litteram.

Quest’ultimo particolare va tenuto in considerazione in quanto, essendo Giulia Domna di origine siriana, figlia di Bassiano gran sacerdote della divinità solare Elagabalo, “il dio [che si manifesta in una] montagna”, è presumibile che la dottrina professata da Apollonio avesse molti aspetti comuni con il credo cui l’imperatrice era devota tanto da indurla a ordinare la stesura di un’opera che evidenziasse una figura a lei particolarmente cara che dava riscontro alla spiritualità rispetto alla materialità, ritenendo il corpo il mezzo di cui si servirebbe lo Spirito immortale per le sue eterne peregrinazioni vita dopo vita. In assoluta contrapposizione con la visione materialistica di stampo romano che rendeva imprescindibile il legame spirito/materia.

Come abbiamo anticipato all’inizio, Apollonio era ritenuto un filosofo/mago in quanto pare fosse versato nelle arti magiche. Fu quest’aspetto, secondo gli storici, a renderlo inviso alla Chiesa dell’epoca visto che le sue parole e azioni, sovrapponibili in maniera speculare a quelle di Gesù, avrebbero indotto a pensare che egli fosse identico al Cristo, mettendo seriamente in discussione l’unicità del messaggio dottrinale che la Chiesa stava costituendo.

C’è tuttavia un altro aspetto non secondario che giustificherebbe il motivo per cui Apollonio fu tacciato come stregone, seppure, leggendo quanto riportato da Filostrato e successivamente ripreso da G. R. Mead nel suo APOLLONIO DI TIANA IL CRISTO PAGANO, il suo operato sarebbe stato sempre finalizzato al bene degli uomini e della società.

Secondo le biografie Apollonio avrebbe trascorso un lungo periodo in India dove sarebbe stato iniziato ai sacri misteri e avrebbe imparato tutto ciò che successivamente avrebbe esposto nelle proprie teorie e praticato.

Un passaggio, questo, fondamentale, caro soprattutto ai teosofi. Non fosse altro perché Helena Petrovna Blavatsky, fondatrice della Società Teosofica, nella sua opera ISIDE SVELATA, cerca di dimostrare come le religione derivanti da Abramo – l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam -, così come quelle che le hanno precedute, inclusa quella degli antichi egizi, nonché i vari sistemi filosofici che si diffusero nelle varie epoche, incluso quello pitagorico, risalissero a un ceppo molto più antico, presumibilmente di origine Vedica, ossia indiana; come molti miti vedici avessero diverse similitudini con quelli delle religioni che si sono succedute nei millenni, incluso il cristianesimo.

Molto probabilmente affermare che l’istruzione di Apolonnio derivasse dall’India anche in questo caso rischiava di indurre a credere che lo stesso valesse per Gesù della cui vita nulla si sa su cosa abbia fatto dalla fuga in Egitto fino a quando in età adulta non si recò dal Battista per farsi battezzare per poi intraprendere la propria opera di redenzione del mondo.

Ritornando a Pozzuoli, durante il processo che subì a Roma ingiustamente accusato di aver portato un fanciullo nel bosco, di averlo ucciso e poi mangiato – calunnia architettata dall’imperatore Domiziano cui Apollonio rispose facendo comparire in pubblico il fanciullo vivo e vegeto – il filosofo replicò: “IO SONO IMMORTALE E MAI AVRETE IL MIO CORPO!” e poi svanì immediatamente mentre gli astanti dicevano. “Lo chiamano il Divino, dicono che Lui sia Dio…”. “Poco dopo appariva a Damis (suo discepolo), presso Pozzuoli, e come gli aveva detto pochi giorni prima, quando in prigione gli fece vedere che lui stava legato ai ceppi, ma che poteva liberarsi come voleva, uscendo dalla fisica della materia, con la stessa materia del suo corpo sacro”.

Il fatto che sia riapparso a Pozzuoli significa che ivi si imbarcarono e ritornarono in oriente dove presumibilmente Apollonio continuò la diffusione del proprio verbo fino a che non morì.

Tuttavia la leggenda vorrebbe che egli ascese in cielo, così come fu per Gesù dopo resuscitato!

Come si sono svolti esattamente i fatti non lo sapremo mai. Tuttavia pare che nei confronti di Apollonio nutrissero profonda stima molti padri della chiesa, incluso Sant’Agostino d’Ippona famoso per Le Confessioni. A conferma che, più che stregone, Apollonio e le sue teorie confliggevano con un sistema di potere che stava sempre più affermandosi a livello politico/religioso, il quale, per liberarsi degli avversari, non esitava a screditarli accusandoli di stregoneria.

In questi presunti giochi di potere, Pozzuoli giocò un ruolo determinante come crocevia degli spostamenti da e verso Roma, fino a quando non entrò in attività il porto di Ostia sottraendole la leadership di principale porto commerciale dell’impero.

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vincenzo giarritiello

Nato a Napoli nel 1964, Vincenzo Giarritiello fin da ragazzo coltiva la passione per la scrittura. Nel 1997 pubblica L’ULTIMA NOTTE E ALTRI RACCONTI con Tommaso Marotta Editore; nel 2000 LA SCELTA con le Edizioni Tracce di Pescara. Nel 1999 la rivista letteraria L’IMMAGINAZIONE pubblica il suo racconto BARTLEBY LO SCRIVANO… EPILOGO, rivisitazione del famoso racconto di H. Melville. Dal 2002 al 2009 ha coordinato laboratori di scrittura creativa per ragazzi tra cui uno presso la sezione femminile dell’IPM di Nisida, esperienza che racconta nel libro LE MIE RAGAZZE – RAGAZZE ROM SCRIVONO edito nel 2019. Tra il 2017 e il 2020 ha ristampato L’ULTIMA NOTTE e pubblicato SIGNATURE RERUM (il sussurro della sibilla), RAGGIOLO, UNO SCORCIO DI PRADISO IN TERRA e la raccolta di racconto L’UOMO CHE REALIZZAVA I SOGNI. Nel 2020 ha pubblicato con le edizioni Helicon il romanzo IL RAGAZZO CHE DANZÒCON IL MARE. Nel 2021, sempre con le Edizioni Helicon, ha pubblicato il romanzo UN UOMO BUONO (mio padre malato di Alzheimer). Ha collaborato e collabora con diverse associazioni culturali (Magaris; Lux in fabula), con riviste cartacee e digitali tra cui IL BOLLETTINO FLEGREO, NAPOLI PIÙ, MEMO, GIORNALE WOLF, COMUNICARE SENZA FRONTIERE, QUICAMPIFLEGREI.IT. Nel 2005 ha aperto il blog LA VOCE DI KAYFA e nel 2017 LA VOCE DI KAYFA 2.0. Dal 2019 ha attivato il sito www.vincenzogiarritiello.it. Per la sua attività di scrittore e poeta in vernacolo ha ricevuto riconoscimenti letterari.
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